Le Eumenedi di Eschilo è andato in scena dal 12 al 21 gennaio al Teatro Arcobaleno, importante punto di riferimento per quel che riguarda il teatro classico a Roma. Sotto la regia di Vanessa Gasbarri prende vita una messa in scena filologica dal sapore tradizionale, che inserisce i personaggi in un ambiente spaziale statico: sulla destra Apollo e Oreste, a sinistra Clitennestra e le Erinni, e la dèa Atena al centro.
È una soluzione alla legge del taglione che si fa strada nella vicenda eschilea.
Agamennone, in partenza da Troia, aveva sacrificato la figlia Ifigenia per placare i venti lungo la sua rotta. Nella prima delle tre tragedie che compongono l’Orestea – di cui Le Eumenedi rappresenta l’episodio finale – il re degli Achei viene assassinato a colpi di scure dalla moglie Clitennestra. Oreste, di ritorno ad Argo, per vendicare la morte del padre pone fine alla vita della madre, ne Le Coefore. Ora, il fantasma di Clitennestra aizza le temibili Erinni contro il figlio, chiedendo vendetta.
Come placare la valanga che da un atto genera una discesa esponenziale? Cinquecento anni dopo gli agoni greci Gesù Cristo rispose con il paradosso; «se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra». Ne Le Eumenedi, la forza infestatrice delle Erinni, resa dal trucco scuro e dalle movenze minacciose di un gruppo di attrici, viene bilanciata dalla possente e serena inamovibilità di Apollo, interpretato da Patrizio Cigliano. Con giacca militare e tacchi a spillo, il dio contrasta, nel pantheon politeista, la forza delle avversarie per la difesa del suo sottoposto, Orfeo. Qual è il principio che permetterà la soluzione del conflitto? Sotto la regia di Vanessa Gasbarri, la messa in scena propone un gioco al pubblico; sarà lui a votare, grazie alla deposizione di una pietrina azzurra in un’urna, la sorte dell’imputato. Colpevole o innocente: attraverso la mediazione di un narratore super partes, la sala esprime ogni sera il proprio giudizio. Tuttavia, il risultato non inficia il finale della tragedia. La scelta si riduce appunto a un “gioco”, un investimento di energie privo di vere conseguenze sulla realtà. Propone alternative ma poi procede secondo il proprio percorso, ricordando le modalità di espletamento della democrazia nel mondo in cui viviamo. Di fronte a questioni importanti come guerra, pandemia e ecologia, il panorama politico non solo nazionale non offre nessun’alternativa se non lo schieramento filoamericano, la medicalizzazione della società e l’imperativo della green economy.
Nella cornice del palcoscenico, lontano dalla tragicità del mondo reale, la soluzione appare efficace e divertente. Alla fine del sorteggio, il finale sarà quello già determinato in Eschilo: un pareggio tra le parti rimetterà la scelta ad Atena, la quale, interpretata da Beatrice Fazi, opterà per l’assoluzione di Oreste. Nel processo di generazione, sostiene la dèa e sosteneva Apollo, prioritario è il ruolo del padre, il quale genera e, senza bisogno della controparte femminile, produce la discendenza; Atene, difatti, è senza madre.
«All’epoca ero una donna a favore dei diritti femminili, dell’aborto e naturalmente contro la Chiesa», dice la stessa Fazi in un’intervista, raccontando la sua personale esperienza. «Con questo inciampo clamoroso, rischiavo di rovinarmi la carriera di attrice»; la donna ha abortito all’età di vent’anni. «Sono nata in provincia, a Salerno, dove rimanere incinta e ancor più abortire sono considerati atti di cui vergognarsi. […] Inoltre, ogni volta che sentivo parlare Giovanni Paolo II o Madre Teresa di Calcutta dell’aborto, mi sentivo accusata». Finzione e vita si mescolano con persona e personaggio: mentre Atena riconosce il principio di generazione verticale, Beatrice compie un percorso di scoperta della propria sofferenza e della difficile accettazione di uno sbaglio giovanile. «I nostri errori sono dettati dalla paura: di perdere qualcosa che riteniamo vitale, di rimanere soli, di non avere certezze […]. Credo che la vera emancipazione sia iniziare a vivere la paura come un sentimento che ci rende vigili, ma non schiavi. E questo è possibile quando capisci di avere un Padre che provvede a te».
Nella polis greca la soluzione è rimessa alle mani del popolo, e la dèa ridistribuisce ricompense alle Erinni per sedarne l’aggressività; Oreste è assolto e promette che la sua discendenza assicurerà la pace e la giustizia.
Costumi suggestivi, architetture maestose e parole poetiche fanno uno spettacolo basato sulla chiarezza e l’efficacia. Le Erinni creano con i loro corpi scuri e intrecciati uno spazio denso, un amalgama di aggressività, in cui i confini tra un’attrice e l’altra si perdono nel nero degli abiti, simbolo di sangue. Rappresentate come bestie al comando di Clitennestra, si agitano e ansimano, si sporgono verso Oreste e ne invocano la punizione. Oreste, dal canto suo, in abiti semplici e indebolito dalla colpa, fugge tra il fumo e le urla, mentre Apollo, sicuro di sé, lo protegge. Il personaggio di Atena è incastonato in un piano rialzato sul fondo, da cui emette le sue sentenze e si erge, ravvivata dai colori e dal possente abito che indossa. La messa in scena fa utilizzo di un’illuminotecnica mirata e distesa, che riempie gli spazi con ampie porzioni di colore uniforme e supporta rispettosamente il testo.
Le Eumenedi
di Eschilo
Adattamento e Regia Vanessa Gasbarri
con Patrizio Cigliano e Beatrice Fazi
e con (in o. a.) Maria Francesca Galasso, Maria Concetta Gasdia, Alessandra Nastasi, Luca Pappalardo, Vittoria Paravati, Federico Pirro, Sonia Pulitelli, Tiziana Rossi, Gabriele Salvatori
Vocal coach Domenico Capanna – Movimenti Pietro Becattini – Scene Start Lab
Produzione StArt Lab di Danila Stalteri