Balletto di Milano | Carmen

Carmen: passione, simbolo e libertà nella messa in scena del Balletto di Milano

Il 19 e 20 marzo, il Balletto di Milano ha presentato, al Teatro Brancaccio di Roma, la sua personale versione della celeberrima Carmen, secondo la coreografia di Agnese Omodei Salè e Federico Veratti. Novanta minuti di balletto immerso in scenografie dal sapore gitano, che ripercorrono la storia della zingara spagnola diventata simbolo di libertà in tutto il mondo.

Francia, 1845: Prosper Mérimée è autore di Carmen, una novella – ambientata in Spagna – con protagonista una zingara che fa innamorare il bandito José, il quale arriverà ad ucciderla per gelosia. A narrare la vicenda, un viaggiatore francese, forse l’autore stesso.

Opéra Comique di Parigi, 1875: va in scena l’opera Carmen composta da Georges Bizet, tratta dalla novella edita 30 anni prima. La storia è la stessa, seppur con alcune differenze; Don José non è più un bandito, bensì un brigadiere, e viene introdotto il delicato personaggio di Micaëla, fidanzata di Don José, in forte contrasto con la protagonista. Il compositore muore in quello stesso anno, e non vedrà mai il successo che la sua creazione avrebbe avuto in futuro.

Da allora, si sono susseguite numerose versioni e messe in scena dell’opera, dal mondo della musica a quello della danza. Per quanto riguarda il balletto, sono note in particolare quella di Roland Petit del 1949, pensata per la moglie, la ballerina Zizi Jeanmaire, o quella del coreografo cubano Alberto Alonso dal titolo Carmen Suite, datata 1967.

Nella versione che il Balletto di Milano porta in scena al Teatro Brancaccio di Roma, ad aprire le danze, in un inquietante prologo, è un “personaggio” cruciale nella storia di Carmen, ma che solitamente non viene personificato: Il Destino. Quel destino che le si ritorcerà contro nell’inseguire una libertà per lei fatale, ma che la giovane gitana non rinnegherà nemmeno davanti alla morte. C’è anche la stessa Carmen lì, sul lato sinistro del palco, vestita di nero. Protagonisti assoluti di questo prologo sono loro due, la donna e la sua triste sorte, è tutto già segnato anche prima che la vicenda abbia inizio. Ed è proprio il perenne dialogo tra Carmen e Il Destino la colonna portante dell’intero spettacolo: quest’ultimo è presente in quasi tutti i momenti, ora come un’inquietate proiezione interiore nei momenti in cui aleggia la morte, ora come personaggio attivo nella taverna di Lilas Pastia. È lui a gestire i personaggi, le loro relazioni, e gli avvenimenti, sarà lui a scoprire per primo al pubblico la carte impitoyable, presagio di sventura – la mort, toujours la mort! Tutto questo è tradotto nella danza in numerosi passi a due o a tre, nei quali è forte il confronto tra la protagonista e i due uomini che ama, Don José e il torero Escamillo: tra prese vorticose e fluidi movimenti dei corpi, si svolgono delle parentesi dalla realtà, nelle quali la donna appare sempre più consapevole del triste epilogo di questa storia.

L’azione si svolge nei luoghi noti dell’opera, quali la piazza di Siviglia, la taverna di Lilas Pastia, la radura in cui si rifugiano i contrabbandieri, e la plaza de toros in cui si sta tenendo la corrida. I personaggi salienti ci sono tutti: la bella Carmen, Don José, le amiche della protagonista, il torero Escamillo, tutti caratterizzati da una danza forte e decisa, tra sensuali e arditi pas de deux e pas de trois e vivaci coreografie corali, il tutto accompagnato dagli incalzanti brani di Bizet – e non solo –, ora in versione strumentale, ora in forma cantata. L’unica ad essere diversa dagli altri sembra essere Micaëla, che entra in scena in punta di piedi, con in sottofondo una musica delicata e soave, indossando una semplice tunichetta, in un’atmosfera di pochi secondi che a tratti ricorda quella dello shakespeariano Sogno di una notte di mezza estate.

La Carmen di Amanda Hall è dirompente, sicura di sé, e fortemente espressiva, nel caratterizzare al meglio il personaggio della gitana di Bizet, in tutto il suo misto di forza, libertà e indipendenza. Ad accompagnarla, un corpo di ballo compatto, che si esibisce in numerose coreografie corali, dando vita a una vitale messa in scena danzata. Don José appare inizialmente come un vigoroso brigadiere tutto d’un pezzo, ma che finirà per impazzire a tal punto da uccidere la protagonista; l’interpretazione di Mattia Imperatore mette in luce l’arco di trasformazione del personaggio lungo i due atti del balletto, fino al culmine del finale, nel quale lo sguardo folle di Don José rivela tutta la sua pazzia.

Sul finale, dopo la morte della protagonista, il corpo di ballo porta in scena un paio di scarpette da punta rosse, colore del sangue, ma anche colore simbolo della lotta alla violenza sulle donne, di cui Carmen è assurta a simbolo in tutto il mondo.


Carmen

balletto in due atti su musica di Georges Bizet
coreografia originale di Agnese Omodei Salè e Federico Veratti 
allestimento a cura di Marco Pesta 
costumi di Federico Veratti
prima rappresentazione: Teatro Antico di Taormina, 3 giugno 2015

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