Dal 16 al 19 maggio STAI ZITTA! è in scena allo Spazio Rossellini di Roma per l’ultima tappa del tour che ha attraversato l’Italia da nord a sud. Una pièce tratta dall’omonimo libro, edito da Einaudi, della scrittrice ed intellettuale Michela Murgia, scomparsa l’11 agosto 2023.
A portarlo in scena sono Antonella Questa, Valentina Melis e Teresa Cinque, sotto l’egida della regista Marta Dalla Via. Uno spettacolo tutto al femminile, agito da donne che non si sono mai morse la lingua a teatro come nella vita, affrontando i più vari temi sociali in testi, libri, spettacoli e video.
La scena, pressoché spoglia, se non fosse per uno sfondo dipinto e tre cavoli giganti imballati sotto strati di teli in plastica, si presta a varie interpretazioni a seconda del quadro. L’ambiente aperto e la metratura dello Spazio Rossellini obbligano le attrici a utilizzare gli archetti. L’audio non arriva benissimo verso i settori laterali, che invece godono di ottima visuale grazie anche ai giochi di luce di Daniele Passeri. Melis, Cinque e Questa sono vestite rispettivamente in giallo, azzurro e fucsia: ognuna incarna un prototipo di donna non decostruita, e insieme ricordano le fate delle favole della Disney – il rimando è voluto.
L’intento è mettere al riparo i fragili esemplari di maschio etero cis presenti in sala dall’osservare qualcosa di più complesso della consueta filmografia fantasy. Ovviamente, il sarcasmo è di casa.
Le tre sono in riabilitazione alle maschiliste anonime e, unite, tentano di venire a capo delle loro vite. Melis, vestita con un ampio gonnellone anni Cinquanta, si mostra come una madre totalmente assorbita dall’ambiente familiare e vittima di violenza economica, oltre che psicologica, per mano del marito Luca. Cinque si chiama Vera, ha la saputellosi, perché conosce ciò di cui sta parlando e non lo nasconde, è una sociolinguista che ha avuto modo di approcciarsi al femminismo, senza, però, essere riuscita a stanare il machismo dal suo quotidiano. È lei che guida il trino processo di elaborazione mentre racconta di una vita sessuale insoddisfacente e piatta alla quale si è arresa.
Questa è un politico donna, Letizia, figlia del Glande Michele, amante del segretario di partito Vitto Feltri, per il quale il candidato smania e da cui cerca disperata approvazione.
Questa-Letizia non ha bisogno di cognomi, indossa i pantaloni e si arrovella su come essere più appetibile per il proprio elettorato, presto ci saranno le regionali e la corsa alla poltrona diventerà estenuante.
A un certo punto, l’illuminazione: tutto ciò che per un uomo in campagna elettorale funziona, per una donna è categoricamente vietato, e «mettiti una camicia», ché gli elettori vogliono il leader forte. Alla fine, verrà eletta, ma il Vitto le soffierà il posto: la Letizia non può mica governare una regione, è una donna.
Scrive Murgia: «I tentativi di ammutolimento di una donna verificatisi sui media italiani negli ultimi anni sono numerosi […] la pratica dello “Stai zitta” non è solo maleducata, ma soprattutto sessista perché unilaterale… Che cosa c’è dietro questa frase? […] Per quale motivo tutti coloro che la ascoltano pensano si tratti di una reazione normale nella dialettica con persone di sesso femminile?».
La rivoluzione, dunque, passa anche per le parole. Del resto, il femminismo intersezionale lo ha sempre saputo, grazie a Michela Murgia ora lo sanno anche i muri.
Scevà, asterischi, x o spazi vuoti sono solo la punta dell’iceberg di una sommersa lotta al silenziamento sistematico della voce delle minoranze.
Eppure, le donne sono una maggioranza in termini demografici, come mai allora abbiamo estremo bisogno di uno spettacolo come STAI ZITTA!?
Con sagacia questo pezzo intelligentissimo coglie in fallo il patriarcato nelle sue più subdole accezioni e smonta la convinzione che le donne siano il peggior nemico delle donne.
Avallata anche in alcuni manifesti femministi degli anni Sessanta (come il Documento per un’apertura al dibattito di Daniela Pellegrini del 1964, edito nella raccolta Manifesti femministi a cura di Deborah Ardilli per Morellini Editore), in realtà questa idea si basa su un’analisi sociologica accurata, secondo la quale «la donna significherebbe se stessa in una trascendenza costruita sul sentimentalismo della riproduzione e del richiamo sessuale, dunque sarebbe negli occhi del maschio che si trova e può essere definita la trascendenza della donna, essa non le appartiene. Le donne inserite in un contesto misto annaspano faticosamente in coda, fanno riferimento agli uomini e ad essi chiedono riconoscimento». Le donne più emancipate, in questo contesto, quindi, portano avanti una lotta individuale, che seppure utile, le confina all’eccezione e risalta l’insignificanza della presenza di altre donne non emancipate. Se in questa lotta personale la donna può trovarsi di fronte a un maschio indifferente o ostile, è invece certo che trovi attorno a sé anche altre donne, «alle quali sarà costretta ad essere rivale per trovare la propria trascendenza agli occhi dell’uomo».
Lavorando affinché le donne trovino la propria trascendenza al di là del maschio, lo spettacolo sottolinea il valore curativo della sorellanza e consacra quest’ultima a bene inestimabile all’interno di una società che ripudia il collettivo e trae vantaggio dal progressivo isolamento dell’individuo dal suo simile e da se stesso.
Forse, i dialoghi avrebbero potuto approfondire ulteriori aspetti connessi alla diversità dell’esperienza dell’essere femminile, come il privilegio di classe o il privilegio bianco, la transgenerità, la disabilità, ma comunque rimangono scambi efficaci, nonostante parlino visibilmente di e a una ristretta nicchia di persone e scelgano di non scavare a fondo nelle ragioni della violenza, ma solo di elencarle attraverso l’elemento comico.
Irriverente – quanto basta – anche nei confronti dell’establishment (con una Antonella Questa di grande spessore attorico), STAI ZITTA! si lancia in una satira politica che non risparmia neanche la Rai – come potrebbe, poi, dati i tempi che corrono? – e in un colpo solo restituisce valore a tutte le donne, che nello spettacolo, sulla scia di Murgia, vengono chiamate «le Lorettine», infantilizzate dagli uomini, o, peggio, brutalmente assassinate dal gigante buono o dall’Egregio Dottore (una brava persona, salutava sempre) in preda al raptus di gelosia, tanto amato dai cronisti della stampa generalista italiana.
STAI ZITTA!
Di e con Antonella Questa, Valentina Melis, Teresa Cinque
Regia di Marta Dalla Via
Disegno Luci Daniele Passeri
Fonico Audio Marco Oligeri, Francesco Menconi
Scene Alessandro Ratti
Costumi Martina Eschini
Organizzazione e distribuzione Francesca Lateana
Produzione Gli Scarti ETS
In co-produzione con LAQ Prod - Teatro Carcano
Col sostegno di Fondazione Armunia