Debuttato all’inizio di stagione (ottobre 2023), Diari d’amore, l’esordio alla regia di Nanni Moretti, è stato in scena al Teatro Argentina di Roma dal 23 maggio al 2 giugno, in chiusura di una lunga tournée.
Diari d’amore ha il pregio di portare in scena due commedie piccole piccole di una trascurata autrice del Novecento italiano, che, oltre ad aver scritto romanzi, racconti e saggi finissimi, purtroppo spesso ignorati, è stata anche lei «un’invenzione sprecata del teatro italiano».
A inserirla nella categoria critico-storiografica coniata da Claudio Meldolesi, è Nando Taviani, in un articolo per «Teatro e Storia» del 1991, dedicato al teatro di Natalia Ginzburg, composto in tutto da una decina di commedie brevi, alcune – incluse quelle scelte da Nanni Moretti, del 1966: Dialogo e Fragola e panna – in un solo atto.
Entrambi i testi sono ambientati in case borghesi, e ci presentano matrimoni che non assomigliano a famiglie, ma piuttosto a coesistenze passeggere e casuali, a rapporti che si intessono e si strappano nel fluire dell’esistenza. In questi disegni, si incontrano figure umane e dinamiche relazionali che di primo acchito paiono di poco conto, futili, da annegare tra chiacchiere vacue e inconsistenti. Eppure, in una maniera come distante e inattesa, quasi sbadatamente, lasciano affiorare un’essenza veritiera e autentica, arrivando al cuore delle cose e delle contraddizioni. È forse l’aspetto più ammirevole della scrittura di Ginzburg: quel «farsi largo tra le grandi questioni senza calcolarle», come lo ha definito Cesare Garboli.
Il primo atto, Dialogo, avviene in una camera da letto, al mattino, prima di alzarsi. La luce fredda del giorno esita dietro alle persiane chiuse, mentre moglie (Alessia Giuliani) e marito (Valerio Binasco) conversano senza energia, sul filo del disamore coniugale, per essersi sposati, riprodotti e poi traditi con la stessa inerzia con cui si va al supermercato o alla posta. Più affollata è invece la scena di Fragola e panna: in una villa della campagna romana, una domestica (Daria Deflorian) apre la porta a una ragazza randagia (Arianna Pozzoli), fuggita dal marito manesco, dal figlio piccolo e dalla suocera, per cercare rifugio a casa dell’amante, molto più anziano, ricco e a sua volta sposato, ma abituato a passare da un’infatuazione all’altra con disinvoltura. La signora (Alessia Giuliani), conscia della condotta del marito (Valerio Binasco), chiede alla sorella (Giorgia Senesi) di toglierla dall’imbarazzo portando la giovane al convento più vicino. Sul finire dell’opera, si insinua un timore: l’eventualità che la ragazza, non sapendo che fare, si uccida. Suicidio supposto di cui si parla, però, non come di una tragedia, di cui la vita è avara, ma come di una barzelletta: «Si è buttata nel Tevere? Pazienza».
Da sempre appassionato lettore di Ginzburg, oltreché tenace spettatore di teatro soprattutto da dopo il covid, Moretti compie scelte difficili per il suo esordio alla regia teatrale. Perché l’autrice, come ha colto Taviani oltre trent’anni fa, «si occupa del parlato senza intromettervi la messinscena, ed usa le didascalie solo per dire chi entra e chi esce e le pochissime altre cose necessarie». Questo omettere le istruzioni impone al progetto registico un grande lavoro di indipendenza, che sappia far vibrare tutto ciò di inevitabile ed effimero che c’è nelle sue commedie, come nella vita.
Ma la prova più faticosa è forse quella che Ginzburg impone alle attrici e agli attori. Ancora con Taviani, chiede loro «di creare una linea di comportamento che abbia una sua propria consistenza, una sua autonoma coerenza, e che pur non contraddicendo il dialogo lo contrappunti con azioni», come nei drammi di Cechov. In questo esercizio, divenuto così raro nel teatro di oggi (che a forza di nascondere le tecniche – per non sembrar finti o impostati – deve averle rimosse come inutili orpelli), è Daria Deflorian a lavorare con maggior efficacia, nei panni della serva popolana, che ruba la scena (e con essa la vita) a tutti.
Curate, forse un po’ troppo statiche, le scene di Sergio Tramonti: una camera in penombra e un letto rialzato a favore di pubblico in Dialogo, e due lunghi divani in velluto verde per il salotto di Fragola e panna, con un fondale semitrasparente che lascia intravedere il bosco fuori, sul quale cadono fiocchi di neve.
Il vago senso di freddo che ne cogliamo, tuttavia, è forse troppo di ghiaccio e poco di neve. Rimane comunque l’impressione di aver sfiorato qualcosa di educatamente disobbediente, di scaltro ma al contempo spaesato, che – lo notava Guido Fink nel 1973 –, più che col teatro di parola, ha a che fare col «teatro di poesia».
Diari d’amore
due commedie di Natalia Ginzburg
regia di Nanni Moretti
con Valerio Binasco, Daria Deflorian, Alessia Giuliani, Arianna Pozzoli, Giorgia Senesi scene Sergio Tramonti
luci Pasquale Mari
costumi Silvia Segoloni
assistente alla regia Martina Badiluzzi
direzione di produzione, casting Gaia Silvestrini
assistenti al casting Martina Claudia Selva, Benedetta Nicoletti
foto Alberto Novelli
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Carnezzeria, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura, Châteauvallon-Liberté scène nationale, TNP Théâtre National Populaire à Villeurbanne
La Criée – Théâtre National de Marseille, Maison de la Culture d’Amiens in collaborazione con Carrozzerie n.o.t
coordinamento Aldo Miguel Grompone