Dalla fine del 2023 Le Nottole hanno seguito una classe del Liceo Classico Statale Dante Alighieri di Latina per la realizzazione del progetto di scrittura critica Una platea tutta per sé, nato in collaborazione con Tendance – festival di danza contemporanea.
Le riflessioni che seguono sono della studentessa Alessia Verrillo, che ha deciso di concentrare il suo sguardo sullo spettacolo Femina della Compagnia Abbondanza/Bertoni, andato in scena presso il Teatro Fellini di Pontinia il 17 maggio 2024.
Femina: affermazione dell’autocoscienza
Al Teatro Fellini di Pontinia incisività e complessità si intrecciano magistralmente in occasione della messinscena del 17 maggio 2024 di Femina: spettacolo, curato dalla Compagnia Abbondanza/Bertoni, che scompone l’intricato meccanismo femminile, costantemente indotto all’uniformazione, illuminando la scena con un appello necessario.
La poetessa della danza Antonella Bertoni, con la collaborazione di Michele Abbondanza, è in grado di far riemergere dalla natura umana quanto c’è di più recondito in essa, ispirandosi in primis ad un atto di distinzione, nei confronti dell’altro, che si opera per affermare la propria dimensione soggettiva in un contesto sociale. Il tutto si sviluppa in una scena essenziale nei dettagli e di un biancore talvolta tenue, talora reso luminoso dalla minuziosa drammaturgia della luce curata da Antonio Gentili, che illumina le quattro interpreti Sara Cavalieri, Eleonora Chiocchini, Valentina Dal Mas, Ludovica Messina Poerio non appena fanno il proprio ingresso.
La rosea e delicata biancheria che le contraddistingue contrasta con il colore brillante delle parrucche indossate, rendendole apparentemente uguali agli occhi degli spettatori, inizialmente disorientati dall’insistente battito di mani che insorge improvvisamente sulla scena e cessa solo per lasciare il posto ad un movimento preciso e penetrante. I corpi delle danzatrici si muovono sulle note di quello che la coreografa ha definito il «motore del lavoro e della scrittura coreografica»: la musica, con suoni provenienti dall’album Dysnomia di Dawn of Mindi, non compone semplicemente il quadro scenico, ma è stata, nella gestazione della coreografia, il punto di partenza. Immerse, dunque, nel suo ritmo particolare, le danzatrici sono animate da un movimento continuo, che sembra cercare di tenere il passo con l’incalzare della musica, in gesti disperati, determinati ed eseguiti in modo che allo spettatore il flusso ritmico appaia irrazionale: il movimento, spogliato di uno scopo utilitaristico, sembra essere privo di premeditazione da parte delle danzatrici e riesce a creare immagini con coordinazione grazie ad uno sforzo sostenuto. La coreografia è frutto di una gestazione di movimenti, giacché il suo andamento non è concepito con una elaborazione concettuale ma viene sviluppata sui corpi delle interpreti.
L’uso che Antonella Bertoni fa di uno strumento autentico come il corpo per avvicinarsi gradualmente allo spettatore è talmente raffinato che, come riteneva fermamente lo scrittore francese Albert Camus nel saggio Mito di Sisifo pubblicato nel 1964, il giudizio del corpo vale tanto quanto quello dello spirito o, ancora, «lo spirito trova la sua ragione nel corpo» in quanto enciclopedia umana da consultare.
La relazione che si instaura tra le danzatrici è talmente profonda da farle sembrare parti proprie di un singolo corpo performativo nel quale si sta verificando un mutamento. Le parti non rispondono sempre agli stessi movimenti e pulsioni, poiché ogni tanto una di esse si discosta dalle altre e compie movimenti che vorrebbero trascinarla fuori da quel trasporto. In alcuni passaggi la vicinanza corporale delle interpreti rimanda a quella di un gruppo scultoreo informe, nel quale la tensione è assente e sostituita da una tendenza a seguire il movimento delle altre, anche quando questo è deviato in un’altra direzione. È proprio su questa relazione – fortificata anche dai fugaci sguardi che le danzatrici si scambiano – sulla quale si fonda l’essenza di uno spettacolo che indaga e mette a nudo l’identità femminile, presentando corpi comunicanti tra di loro in maniera incisiva tanto quanto naturale ed evidenziando gesti che ne rivendicano la tangibile unità.
L’impatto emotivo e fisico che si prova assistendo a una performance di tale calibro è sufficiente per produrre un momento unico e irripetibile, racchiuso all’interno del teatro. È come se le donne, in questa follia di atti necessari, si siano ricavate un loro spazio, nel quale nessun uomo può penetrare. Tuttavia in quel medesimo luogo di sicurezza e comunità femminile che ci si riserva (pensiamo al gineceo della religione islamica o dell’antica Grecia) si viene frequentemente segregate e ostacolate nella libertà d’espressione, abusate nei corpi. Straordinariamente, Antonella Bertoni sceglie di renderlo il luogo del tornaconto. In esso la donna si spoglia violentemente di quella biancheria ideale con cui la società la opprime e si discosta da ciò che la comunità crede voglia significare essere, apparire e vivere come una donna contemporanea. Si realizza così il momento più sublime dello spettacolo e si comprende che la “femina” è un corpo vivo, ricco e agognante di libertà, dolorosa conquista. Gli ultimi momenti della coreografia esprimono il sentore di qualcosa di dolente e di collera, sentimento-motore del festival di danza contemporanea Tendance quest’anno intitolato Con rabbia e con amore, che ha portato sul palco pontino lo spettacolo. Esso ha testimoniato incredibilmente quanto «Notumque furens quid femina possit» («è noto di che cosa sia capace una donna infuriata», Eneide, V, 6), ma anche quanto l’insieme di accezioni fisiche, caratteriali, psicologiche racchiuse nel termine femina siano in grado di amare incondizionatamente le creature nate dal suo grembo fertile e libero. Proprio sul suo finale la scenografia viene significativamente trafitta da un profondo e grande taglio verticale, emblema per eccellenza di quella dimensione ctonia della Grande Madre dell’antichità, riconducibile all’erotismo quanto alla possibilità di riuscire a penetrare un ambiente inalterabile. La femina è rivoluzione, virtù, libertà, parole-femmine de facto feminae.
FEMINA
di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni
coreografia Antonella Bertoni
con Sara Cavalieri, Eleonora Chiocchini, Valentina Dal Mas, Ludovica Messina Poerio
disegno luci Andrea Gentili
direzione tecnica Claudio Modugno
musiche Dysnomia – Dawn of Midi
audio editing Orlando Cainelli
organizzazione, strategia e sviluppo Dalia Macii
amministrazione e coordinamento Francesca Leonelli
comunicazione e ufficio stampa Francesca Venezia
produzione Compagnia Abbondanza/Bertoni
con il sostegno di MiC – Ministero della Cultura, Provincia Autonoma di Trento, Comune di Rovereto, Fondazione Cassa di Risparmio Trento e Rovereto
si ringraziano Danio Manfredini, Marco Dalpane, Lucio Diana, Nadezhda Simenova