La stagione sperimentale 2024 del Nuovo Teatro Ateneo, interno all’Unversità La Sapienza, prosegue con lo spettacolo Matrimonio con Dio. Vaclav Nijinskij e la trasfigurazione della danza in luce, diretto e interpretato dal professor Vito Di Bernardi, in scena nella serata del 17 ottobre. Un percorso di parole, musica e videoproiezioni, che attraversa la vita e la danza del celebre ballerino e coreografo russo Vaclav Nijinskij.
Londra, 1950. Sono in corso le esequie di una delle figure più salienti del mondo della danza, Vaclav Nijinskij. Le prime parole lette agli spettatori sono quelle di un testimone oculare di questo momento, nonché dell’arte di Vaclav: Ram Gopal, danzatore simbolo del Kathakali dell’epoca, considerato egli stesso “il Nijnskij dell’India”. A narrare agli spettatori questa scena, è il professor Vito Di Bernardi, autore e unico interprete dello spettacolo, affiancato solamente da un leggìo e da un tavolino su cui sono poggiati i diari del grande interprete russo. Le pagine di questi ultimi, uniti al testo dell’autore, vengono lette durante lo spettacolo, alternando pura narrazione a testimonianze in prima persona. Scorrono sullo sfondo, lungo l’intera messa in scena, immagini e videoproiezioni relative alla vita e alla persona di Nijinskij, a cura di Ilaria D’Agostino. Ora fotografie d’epoca, ora mani che stendono pagine di diario, ora figure geometriche e astratte.
Come la sua celebre coreografia L’Après-midi d’un faune, anche il racconto teatrale della vita di Nijinskij segue una narrazione circolare, iniziando dalla fine, dal giorno del suo funerale, dalle parole di un danzatore orientale, come punto di partenza per descrivere come la sua arte sia stata probabilmente la prima, in Occidente, a creare un connubio, un legame sincero, tra la danza e l’anima. Matrimonio con Dio è un titolo che ben racchiude ciò che la figura di Vaclav Nijinskij ha rappresentato per la danza occidentale. Basti pensare all’ultima volta in cui si esibì, nel 1919, prima di dire addio alle scene: definì infatti la sua singolare performance «il suo matrimonio con Dio», prima di salire sul palco, dove sarebbe stato in silenzio per mezz’ora, seduto su una sedia, di fronte al pubblico, a mostrare «come nasce davvero una danza».
Dopo essersi formato, sotto la guida di Marius Petipa, presso la Scuola di Ballo Imperiale del Teatro Marinskij, a San Pietroburgo, Nijinskij entra nella compagnia dei Ballets Russes, fondata da Sergej Diaghilev nel 1909. Ed è qui che spicca già, in veste di protagonista, nelle note coreografie Le Spectre de la Rose, Petruška, Scheherazade, L’Uccello di Fuoco, create da Michel Fokine. Il grande punto di svolta è riconducibile però ai due capolavori di cui è coreografo: L’Après-midi d’un faune, su musiche di Claude Debussy, e La Sacre du printemps, su musiche di Igor Stravinsky,che creò scandalo all’epoca della sua prima rappresentazione per via dei passi decisi e geometrici, d’ispirazone dalcroziana, in forte contrasto con il balletto accademico. In entrambe le coreografie, spicca l’ossessione del ballerino russo per la circolarità: nella trama, per quanto riguarda la prima, caratterizzata da una sorta di Ringkomposition, e nella danza della seconda, in cui tutti i ballerini si dispongono intorno alla protagonista, l’Eletta.
Vito Di Bernardi mette sapientemente in luce, lungo lo spettacolo, gli aspetti salienti che hanno caratterizzato la vita personale e artistica di Nijinskij: il tormento interiore, che unito però alla grande capacità tecnica ha dato vita a opere ancora oggi rappresentate in tutto il mondo, la capacità di essere ora il triste burattino Petruška dell’omonimo balletto, ora il bidimensonale fauno de L’Après-midi d’un faune, la stesura dei diari, iniziati nel 1919, lo stesso anno in cui inizia a manifestarsi la malattia mentale, oggi documento necessario per l’analisi della sua controversa personalità. Centrale, nel corso della lettura, è l’idea di Nijinskij come danzatore dalla tecnica straordinaria, ma allo stesso tempo innovativa. Tecnica che per lui assumeva un senso solamente se vista come un ponte tra realtà e interiorità, solamente se legata allo spirito.
Dagli anni dei successi con i Ballets Russes, al rapporto con le personalità salienti della sua vita, come la sorella Bronislava o la moglie Romola; dalle foto di scena delle sue più celebri interpretazioni, nelle quali traspare il mix di androginia e femminilità che contraddistingue la sua danza, agli scatti rubati durante l’ultimo incontro con Serge Lifar, in cui vediamo un Nijinskij ormai grande, dalla corporeità sicuramente diversa, che esegue per l’ultima volta un salto alla sbarra, come ricordando per un attimo quei virtuosismi con cui aveva ridato, tanti anni prima, dignità alla figura maschile del danzatore.
Un altro elemento saliente nella messa in scena è la musica: le parole di Vito Di Bernardi sono intervallate spesso da partiture musicali celebri, inerenti al contesto. Ora un estratto di Adam, dal secondo atto di Giselle, ora un brano di Weber, tratto da Le Spectre de la Rose, a sottolineare lo scorrere della vicenda e i mutamenti interiori ed esteriori che hanno permesso alla danza di Vaclav Nijinskij di essere così rivoluzionaria e straordinaria.
Matrimonio con Dio. Vaclav Nijinskij e la trasfigurazione della danza in luce
di e con Vito Di Bernardi
immagini a cura di Ilaria D’Agostino