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Il rischio artistico nel dibattito e negli spettacoli del secondo fine settimana folignate dell’Umbria Factory Festival 2024

Uscire dalla propria zona di comfort, osare strade nuove, talvolta fallire. Anche se restare soli è a volte il prezzo da pagare. Queste alcune delle risposte che sono state date in occasione del Talk imperfetto alla domanda “Che cosa è il rischio artistico in generale?”. Il Talk imperfetto è un dibattito intavolato a Spazio Zut! durante la puntata di Radio IF/UFF, registrata e trasmessa in diretta nell’ultima giornata di Umbria Factory Festival 2024. La redazione, composta da Francesco Bianchi, Silvio Impegnoso e Michele Bandini, i quali si fingono provenienti da un mondo in cui le arti si sono estinte, ha sollecitato il pubblico radiofonico presente, composto a sua volta dal pubblico dei teatri, dagli operatori dello spettacolo e dagli artisti, a intervenire sulla questione del rischio in campo artistico. Oltre ai già citati, emerge per l’artista il rischio di fare determinate scelte assumendosi una personale responsabilità. A cui segue il rischio del pubblico di aprirsi a una estrema disponibilità. C’è il rischio di non piacere, c’è il rischio di azzardare, e poi c’è il rischio – come quello assunto da Lorenzo Maragoni e Niccolò Fettarappa – di esporsi, di dire la propria contro il sistema. In Solo quando lavoro sono felice, andato in scena al Teatro Subasio di Spello in occasione del secondo fine settimana folignate del festival, Fettarappa e Maragoni si fanno portavoce di una critica sociale contro il lavoro imposto da una società capitalistica che depersonalizza l’uomo, riducendolo a strumento di produzione, a vantaggio di quell’uno per cento della popolazione che si arricchisce a sue spese. Il palco è vuoto, scoperto, con le tende delle quinte alzate, come anche il fondale. Già metafora di un mettersi a nudo. I due performer entrano, si rivolgono al pubblico in maniera ironica e divertente, mettendo in luce le ingiustizie del sistema. La critica continua con un espediente: i due annunciano che si metteranno al lavoro. Così Lorenzo si accinge a scrivere il proprio curriculum al computer, Niccolò una lettera motivazionale. Le assurdità celate dietro alle richieste che esige una lettera motivazionale vengono portate all’estremo e sfociano nell’ironia e nell’assurdo. Niccolò perde un po’ il controllo, Lorenzo cerca di contenerlo. Niccolò nello spettacolo incarna gli ideali di un ragazzo ventenne “rivoluzionario”, che vuol dire la propria e ribellarsi al sistema, è fumantino, rabbioso; Lorenzo tenta di placare i suoi animi ardenti, cercando di risolvere la questione in maniera diplomatica e pacata, con l’andamento di voce calmo e scandito che lo caratterizza e il suo tipico stile a rima e filastrocca, noto a chi conosce i suoi video di YouTube e Instagram. In un crescendo di ironia e battute, si passa da una situazione comica all’altra, fino a che, verso la conclusione, i due si palleggiano idee su come sarà il futuro: un futuro catastrofico per il giovane ragazzo e (ironicamente) speranzoso per l’altro.

Il rischio che si prende Giulio Stasi è quello di tentare un’insolita operazione. È una prova di intimità e delicatezza quella che offre a tre spettatori per volta con la sua performance Un caffè sospeso. L’appuntamento per il pubblico è in un parcheggio che si affaccia su Viale 16 giugno; allo spettatore sono arrivate per messaggio le istruzioni: raggiungere un furgone marrone, bussare, quando lampeggiano le quattro frecce aprire. Entrare e sedersi su una piccola panca all’interno del furgone. È buio quasi totale, nel letto di fronte si intravede qualcuno che dorme, si sente una voce in registrazione: è quella di Giulio Stasi. Nel furgone l’autore ci vive: lo racconta la sua voce registrata al cellulare. Abita lì, ma la sua casa è nel mondo, precisa l’artista. Giulio si sveglia, inizia la sua solita giornata. Gesti semplici della sua quotidianità sono accompagnati dalle sue parole registrate al cellulare: si alza, prepara la moka per il caffè, va a farsi la doccia. Il gesto – quasi ritualistico – della preparazione del caffè è significativo: è una dichiarazione di cura e amore nei confronti dei propri ospiti. Dopo essersi vestito, Stasi si avvicina al posto di guida, ma la sua voce continua a cullarci: con tono calmo e sognante, ci immerge in un passato lontano dal quale tutti veniamo. Un’immagine poetica quella che crea: veniamo dal mare, è lì che miliardi di anni fa la vita si è formata. Racconta e riflette: parla di una sospensione temporale che ha luogo durante i suoi viaggi in cui attraversa mondi. Il tempo è sospeso nell’eternità dell’attimo. Un po’ come quel momento che il pubblico sta vivendo con l’attore, il quale offre un tuffo in un tempo astratto, dove conta l’intimità poetica di vivere un momento – sospeso – nel flusso incessante del mondo. La calma dell’adesso. Alla fine l’invito a bere il suo caffè: sospeso e condiviso.

Quello di Luca Pagan è il rischio di inoltrarsi in territori inesplorati, che vanno oltre l’umano, in quanto riguardano l’interazione uomo-macchina. La performance Multi node shell di Pagan è una sperimentazione che indaga la connessione tra suono, movimento, uomo e intelligenza artificiale. All’Auditorium Santa Caterina, Pagan è al centro, mentre il pubblico è libero di disporsi/muoversi nello spazio. Il performer è ricoperto nel busto, nelle braccia e nelle mani da dei sensori collegati tra loro da dei cavi, come a formare una rete sul corpo. L’immagine che appare è quella di un individuo che varca i confini dell’umano, fuso con la tecnologia, a tal punto che i fili sembrano creare una seconda pelle. Il lavoro preliminare alla performance di Luca Pagan è stato quello di associare un suono a un movimento del corpo che veniva captato dal sensore, così che l’intelligenza artificiale poi lo potesse riprodurre dal computer connesso. Nell’azione vera e propria, Pagan cammina, muovendo soprattutto braccia e mani, talvolta torce la schiena, e a ogni suo movimento e spostamento corrispondono dei suoni metallici attraverso il computer. Pagan, inoltre, interagisce con il pubblico, lo tocca: questo influisce sul suo movimento. L’artista aveva precedentemente raccolto un campione di movimenti, per cui c’era un limite di associazioni movimento-suoni, quindi le transizioni tra un movimento e l’altro durante l’azione performativa non erano mai state registrate prima, così come i movimenti risultati dall’interazione con il pubblico: ciò significa che in questi casi il suono che veniva associato dal computer era nuovo, imprevisto, una scoperta per l’artista stesso.

Anna Basti si prende il “rischio” di incontrare in maniera diretta il pubblico, il quale viene coinvolto in prima persona nell’esecuzione della danza: con Le classique c’est chic! Anna Basti offre infatti una vera e propria lezione all’aperto. La ballerina invita il pubblico partecipante a disporsi a cerchio per un primo riscaldamento, a questo segue una prima piccola sequenza di movimento. Successivamente, il pubblico danzante è invitato a disporsi lungo il muretto, che fungerà da sbarra. Qui, con la guida della danzatrice, il movimento si concentrerà su passi di danza quali relevé (che non è altro che alzarsi sulle mezzepunte) e plié (piegamento nelle cinque posizioni della danza classica). La danzatrice invita a porre l’attenzione su un gesto del corpo in particolare: il momento in cui dal relevé si torna a terra. È un elevarsi al cielo e tendere a terra allo stesso tempo: una forza spinge verso il basso, verso il radicamento, e contemporaneamente una spinta contraria porta il corpo a librarsi verso l’alto, in procinto di volo, come ad evolversi. Gli ultimi esercizi della lezione vertono sul passo di danza chiamato pas de bourrée, eseguito da due gruppi a due angoli che procedendo in diagonale si incontrano. Alla fine la danza diventa un portarsi a spasso nello spazio in un pas de bourrée libero.

Con Dear Laila, Basel Zaraa osa esporsi, raccontarsi, condividere la propria intimità. Si tratta di una installazione interattiva per uno spettatore alla volta, il quale è invitato a raggiungere un tavolo della sala di Palazzo Candiotti, dove ci sono dei bigliettini numerati con delle istruzioni. Sul tavolo una riproduzione in formato piccolo di un palazzo un po’ degradato, al muro delle fotografie di famiglia. Il primo biglietto indica di aprire un cofanetto e leggere la lettera che vi è all’interno: è una lettera di Basel per la figlia Laila, la quale è invitata a mettersi in ascolto del suo passato, della sua storia. Il secondo bigliettino invita a mettere le cuffie e ascoltare da un registratore portatile con cassetta, dove la voce di un uomo, il padre di Laila, le racconta la storia della sua famiglia, rivolgendosi allo spettatore, come se quest’ultimo fosse Laila. Basel racconta che i nonni di Laila vivevano in un campo profughi palestinese, con il desiderio sempre vivo di costruire una casa tutta loro. Quando finalmente riuscirono a edificare le loro mura, i palestinesi vennero bombardati da Israele e fu così che le varie generazioni si sparsero nel mondo. Il terzo biglietto chiede di sfogliare un album fotografico, dove i ricordi di famiglia sono impressi su carta. L’ultimo biglietto incita ad aprire un cassetto e prendere un po’ di sale per portarlo via con sé, come oggetto che si carica di significato di cura: era il sale che la nonna metteva in testa a Basel per allontanare il male.

Sport è uno spettacolo di danza di Salvo Lombardo con Chiara Ameglio, Jaskaran Anand, Fabritia D’Intino, Daria Greco, in scena all’Auditorium di Santa Caterina. Al centro della performance vi sono esercizi tratti dal mondo dello sport, i quali vengono usati per mettere in risalto dinamiche che afferiscono al tema del potere, del contatto e del distacco, del rapporto ambiguo con l’altro. Inizialmente i movimenti sono estratti dalla sfera della ginnastica: i performer eseguono ripetutamente delle capovolte, con un’estrema determinazione e precisione, poi in maniera sempre più accelerata. Seguono movimenti legati alla sfera del judo: predomina la caduta. I danzatori si sfidano a due a due, tentando l’uno di sbattere a terra l’altro. La caduta viene portata all’estremo, il corpo viene sbattuto sempre più fortemente a terra, in un crescendo che sfocia ai limiti del violento.

Entrateinment. Una commedia in cui tutto è possibile – dal testo Entertainment di Ivan Vyrypaev – è una commedia divertente e metateatrale di Menoventi, compagnia fondata da Gianni Farina e Consuelo Battiston, in scena a Spazio Zut! con la regia di Gianni Farina e la partecipazione di Tamara Balducci e Francesco Pennacchia. I due attori in scena interpretano due spettatori teatrali che assistono a una commedia romantica di “intrattenimento”, la quale viene da questi commentata in diretta. Tamara Balducci e Francesco Pennacchia alternano l’interpretazione di loro in quanto spettatori teatrali a quella degli attori/personaggi in scena nella commedia romantica che i loro alter ego stanno guardando, in un gioco in cui passano fluidamente da un ruolo all’altro, cambiando rapidamente intenzione. La riflessione sulla natura della rappresentazione e della finzione teatrale si intreccia alla messinscena della stessa. Un gioco a specchi, un loop da cui i due protagonisti non riescono a staccarsi. Allo stesso modo in cui, nella scena finale, i due amanti della commedia romantica non riescono a staccarsi l’uno dall’altro. Paralizzati in un addio che non riescono a darsi. Un addio che sembra impossibile, in una commedia in cui tutto è possibile.


Umbria Factory festival è realizzato da Zut! e La Mama Umbria International

Solo quando lavoro sono felice

di e con Lorenzo Maragoni e Niccolò Fettarappa
residenza produttiva Carrozzerie | n.o.t
produzione La Corte Ospitale
con il sostegno di MiC, Regione Emilia-Romagna, Ferrara Off APS
menzione speciale Forever Young 2021/2022 - La Corte Ospitale

Un caffè sospeso

di e con Giulio Stasi
Crediti Multi node shell
performance, tecnologia indossabile, programmazione Luca Pagan
Crediti Le classique c’est chic!
di e con Anna Basti
in collaborazione con Teatro Stabile dell'Umbria
Crediti Dear Laila
di Basel Zaraa
commissionato da Good Chance Theatre,col supporto di Arts Council England
e con il supporto di Perform Europe
traduzione Emily Churchill Zaraa
suono Pete Churchill
Dear Laila è presentato a Umbria Factory Festival con il sostegno di Perform Europe nell’ambito del progetto “HOME – the memory of displacement and resistance of the Palestinian diaspora in Europe” in collaborazione con Periferico - Modena, Farout – Base Milano, Anti Festival Kuopio (FI), Mladi Levi Festival Ljubljana (SLO)

Sport

di Salvo Lombardo
con Chiara Ameglio, Jaskaran Anand, Fabritia D’Intino e Daria Greco
disegno luci, spazio e direzione tecnica Maria Elena Fusacchia e Alessio Troya
musiche Wolfgang Amadeus Mozart
disegno del suono Fabrizio Alviti
styling Ettore Lombardi
consulenza teorica Alessandro Tollari

Entertainment. Una commedia in cui tutto è possibile

da Entertainment di Ivan Vyrypaev
con Tamara Balducci e Francesco Pennacchia
regia Gianni Farina
traduzione Teodoro Bonci del Bene
voice over Consuelo Battiston
tecnica Luca Telleschi
organizzazione Maria Donnoli, Marco Molduzzi

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