Quanto può il cibo, bene primario per la sopravvivenza, diventare un’ossessione, o addirittura prendere il controllo degli individui? Il Teatro Trastevere, sito nell’omonimo quartiere di Roma, presenta, dal 29 novembre al 1° dicembre, Food Porn, uno spettacolo scritto da Marco Cecili, che vede protagonista la compagnia Hangar Duchamp, con la regia di Andrea Martella.
Due misteriose figure, interamente vestite di nero, accolgono il pubblico in sala, strisciando e aggirandosi tra le poltrone. Sul palcoscenico, tre donne, intrappolate in grandi collant che ricordano una placenta materna. Al centro, seduto su un trono come un dio, un uomo, con indosso un camice da chef, attorniato da pacchetti di patatine chips e altro cibo in scatola. Un padre, tre sorelle, ora adulte, ora bambine. E subito le tre donne si liberano, “nascono”, in quel regno di cibo in scatola, conservato, industriale, mostrando al pubblico i loro pensieri, le loro paure, le loro manie. Ulteriore figura è quella di un uomo con indosso una camicia bianca, apparentemente muto, una sorta di eco dei pensieri dei personaggi, all’occorrenza curioso cliente del ristorante dello chef.
In quello che sembra l’incipit di una tragedia greca, è proprio il cibo il vero protagonista, al centro delle vite dei personaggi, ma in maniera maniacale, ossessiva. Tante parole, spesso ripetute, ma non sempre accomunate da un dialogo: l’unico fil rouge che le lega è quello del mangiare. Dai nomi di piatti, a quelli di vari ingredienti, perfino nei monologhi relativi alla vita o alla morte, irrompe sempre lui, il cibo. «Quanto è bello il consumismo!», «Notizia del giorno, ho fame», «Ordino tutto, compro tutto!», sono solo alcune delle frasi che riconducono a una moderna visione del cibo, non tanto come bene di prima necessità, quanto come elemento di consumo compulsivo, piacere personale, esperienza sensoriale.
Con fare da chirurgo, lo chef si fa portare dei guanti, e prepara un semplice hamburger con primizie da lui stesso osannate nel suo ristorante – che definisce “la vera essenza del cibo” ̶ : si rivelano però essere tutti prodotti confezionati, dalla carne in scatola all’insalata in busta. I suoni e i rumori enfatizzano il culto del cibo in tutti i suoi riti, come nell’atto di aprire lo scricchiolante pacchetto di patatine con tanto di verso di goduria. Le sue tre figlie, nel frattempo, si pongono domande, fanno trapelare le proprie paure, ricordano i momenti in cui giocavano a saltare la corda. Sembra esserci una forte inquietudine nel nucleo familiare, eppure, quando si varca la soglia del ristorante dello chef, tutto sembra tornare a una calma apparente, come fosse un vero e proprio tempio in cui si venera il cibo.
Hangar Duchamp porta in scena uno spettacolo incentrato sulla cultura del cibo, che pervade l’umanità da secoli in tutte le sue sfumature. Basti pensare alla mitologia, a Crono che si sfama attraverso i suoi stessi figli, alla filosofia, all’espressione “l’uomo è ciò che mangia”, coniata dal filosofo Ludwig Feuerbach nel 1862 -e qui citata da una delle tre donne- o alla letteratura classica, all’emblematico episodio della cena di Trimalcione, contenuto nel Satyricon di Petronio. E poi ancora al cinema, con La Grande Abbuffata di Marco Ferreri del 1973, e all’arte, alle innumerevoli nature morte raffiguranti tavole imbandite di frutta, verdura, pane. In Food Porn viene analizzato però quel legame tutto contemporaneo tra uomo e cibo, fatto di ricette online ̶ consultabili da un tablet ̶ , junk food – come un semplice hamburger ̶ , talent show culinari – nei quali sono i grandi chef a condurre ̶ , o l’utilizzo di materie prime di alta qualità, che non sempre si rivelano essere tali. In un rapporto quasi grottesco con le pietanze e con gli ingredienti, i personaggi sembrano essere controllati dal cibo, dipendenti da questo e dall’esperienza, fisica e psichica, che può offrire loro un piatto cucinato da un grande chef.
L’impronta dadaista e surrealista dello spettacolo è evidente, oltre che nel nome della compagnia, nell’uso delle parole, in quello del corpo e nei movimenti, nel forte contatto col pubblico sin dall’entrata in sala, ma anche nelle soluzioni di regia: ne è un esempio il momento in cui il grande chef muore, proprio mentre divora una delle sue “prelibatezze”, e viene lasciato lì, per il resto dello spettacolo, sotto un telo bianco da cui si percepisce appena la sagoma del corpo, in una postura che lo rende un (non più) vivente Enigma di Isadora Ducasse di Man Ray.
Food Porn
di Hangar Duchamp
con Giorgia Coppi, Vania Lai, Simona Mazzanti, Walter Montevidoni, Vlad Silter, Aurora Matarazzo, Eleonora Montevidoni
scenografia │ Mattia Urso
ambiente sonoro │ Attila Mona
costumi │ Stefania Chiara Cavagni
luci │ Marco Linari
creatività │ Vincenzo Acampora
problem solving │ Alessia Cottone
foto locandina │ Manuela Giusto
shooting performance │ Flavia Prugnola