ANNA CAPPELLI STORIA DI UN’IMPIEGATA NELLA LATINA DEGLI ANNI ’60

Anna Cappelli: al Cometa Off, Giada Prandi porta in scena uno degli ultimi capolavori di Annibale Ruccello

Dal 25 febbraio al 2 marzo, al Teatro Cometa Off di Roma va in scena Anna Cappelli, opera scritta nel 1986 da Annibale Ruccello, interamente interpretata da Giada Prandi, con la regia di Renato Chiocca.

Al centro del palco, un grande cubo bianco e stilizzato. “Tu mi fai girar, tu mi fai girar, come fossi una bambola”: appena cala il buio, in sala risuona La Bambola di Patty Pravo. Una donna entra, e inizia a girare su sé stessa, come in un vortice, al centro del cubo. La donna è Anna Cappelli, la protagonista di questa storia. Siamo a Latina, come scopriremo dalle sue parole, negli anni ’60.

“È proprio certa di non volerne assaggiare nemmeno un po’, signora?” dice alla sua non visibile interlocutrice, ossia la Signora Tavernini, proprietaria della casa in cui ha preso in affitto una camera. Anna non è di Latina, ma di Orvieto, come racconta al pubblico, ed è una giovane donna trasferita nella cittadina laziale per lavorare in Comune. Timida, a tratti quasi impacciata, è apparentemente una ragazza come tante della sua epoca, in cerca di una vita migliore.

Ma, complice l’incontro col ragionier Tonino Scarpa, col qualeintraprenderà una relazione, il personaggio di Anna subirà un’importante metamorfosi nel corso dello spettacolo, partendo da un’ingenuità iniziale  che si trasformerà prima in scaltrezza, ribellione, infine in vera e propria follia.

Nel momento in cui il pubblico la conosce, Anna è sola nella cittadina di Latina, lavora dalla mattina alla sera, non ha una casa di proprietà. Proprio lei, che alla proprietà tiene così tanto: in molti dei sette quadri che compongono la messa in scena, Anna ribadisce, con amarezza, ai suoi invisibili interlocutori, che la sua vecchia camera è stata ceduta dai genitori alla sorella minore, Giuliana; le si illuminano gli occhi ogni volta che parla di qualcosa di suo, e ci tiene a ribadire che le sue cose devono essere sue e basta. Sembra una vera e propria ossessione per Anna l’avere qualcosa da considerare veramente suo: oggetti, spazi, ma addirittura persone, tanto da arrivare a definire “suo” anche Tonino, fino al tragico epilogo che le permetterà di tenerlo sempre con sé.

Giada Prandi porta in scena uno degli ultimi personaggi di Annibale Ruccello, restituendo tutti gli stati d’animo che lo attraversano: l’ingenuità, la timidezza, il sentirsi fuori luogo, ma anche l’ossessione, la possessione  la follia pur di assicurarsi un posto nel mondo. Prandi si muove sul palcoscenico con grande padronanza del corpo e delle espressioni facciali, fondamentali nel caratterizzare al meglio la protagonista lungo un monologo in cui al centro della scena c’è solo lei, Anna Cappelli. Dagli innocenti  sorrisi del primo quadro, in brevi spaccati di vita quotidiana che strappano anche qualche risata al pubblico, l’attrice passa con grande intensità agli sguardi alienati dell’epilogo, su un volto sempre più trasformato in una sorta di Urlo di Munch,asottolinearel’orrore e la paranoia del momento che l’ha totalmente invasa.

In un crescendo temporale e psicologico, la regia di Renato Chiocca incentra l’intero spettacolo sull’unico vero personaggio previsto in scena da Ruccello, quello di Anna. Il grande cubo al centro del palco diventa facilmente una stanza, un letto, una strada illuminata da un lampione, l’ufficio del ragionier Tonino Scarpa, una serie di spazi da cui però Anna entra ed esce liberamente a seconda dell’enfasi della conversazione. E sarà solo alla fine che si ritroverà, come in una sorta di Ringkomposition, a girare di nuovo in tondo in quel cubo bianco, che ora sembra però opprimerla, come una sorta di gabbia dalla quale non può più uscire. Contribuisce all’idea della composizione ad anello anche la musica, in particolare la canzone La Bambola di Patty Pravo, che risuona all’inizio e alla fine, come a chiudere un cerchio, ma che viene anche occasionalmente canticchiata dalla protagonista. Musica che passa facilmente da intradiegetica, in quanto successo discografico degli anni in cui è ambientata la vicenda, a extradiegetica, sottolineando lo stato di Anna che gira su sé stessa, in tondo, come appunto una bambola, ormai priva di vitalità.


Anna Cappelli

di Annibale Ruccello
regia Renato Chiocca
con Giada Prandi
scena Massimo Palumbo
costumi Anna Coluccia
luci Gianluca Cappelletti
musiche originali Stefano Switala
ufficio stampa Maresa Palmacci
foto di scena Umbi Meschini
tecnico luci Luca Carnevale
produzione DO7 Factory


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