Domenica ventitré febbraio 2025, al Teatro Lo Spazio di Roma, è andata in scena l’ultima giornata dello spettacolo A porte chiuse – l’enfer, c’est les autres, tratto dall’omonima opera di Jean Paul Sartre.
La rappresentazione, diretta da Alessia Tona, è impattante e invita lo spettatore in un viaggio verso l’oblio. Il tutto prende vita in uno spazio completamente asettico e minimale, popolato da tre sedie, un tagliacarte poggiato su un tavolino, un campanello da hall di un hotel (rotto), una porta bianca e uno sfondo nero e un cuore bianco appeso al soffitto.
Garcin (Marco Masiello), Inès (Eleonora Lipuma) e Stella (Maddalena Serratore) sono tre anime di persone appena decedute, chiuse in una stanza, che richiama un limbo infernale. Essi sono costretti a stare insieme, in quanto la porta bianca è chiusa; ognuno vede e racconta all’altro il proprio funerale, cosa fanno sulla Terra i propri partner, amici, parenti o colleghi al lavoro.
I tre si “torturano” a vicenda, facendosi domande continue sulla loro vita precedente, anche commentando senza mezzi termini. Il climax continua a crescere sempre più e ad un certo punto, dopo aver passato il tempo a litigare, confrontarsi ed esasperarsi, capiscono che il loro legame a tre è indissolubile e non possono fare a meno l’uno dell’altra; dovranno stare insieme per sempre.
Lo spettacolo è un’esperienza che tiene sospeso il pubblico: lo ipnotizza e lo fa stare incollato alla poltrona. Il tutto prende una forma simile a quella di un film di genere thriller, con certi richiami a Shining, altri addirittura al genere horror: in certi momenti, i protagonisti ridono in modo isterico, forzato: le risate sono simili a quelle che si possono sentire in Brain Damage dei Pink Floyd o quelle del Joker di Todd Phillips… risate di dolore che vorrebbero essere mutate in grida di aiuto.
Nella performance sembra esserci un richiamo al teatro di Artaud con urla, risate pazze: questo coinvolge sempre di più il suo spettatore, fornendogli anche un senso di angoscia opprimente e soffocante. Le espressioni del viso degli attori sono intense, inquietanti, disorientanti, alienanti e contribuiscono in modo efficace a incutere nel pubblico.
Molto interessante è l’accoppiamento teatro e video, utilizzato per far capire allo spettatore la percezione dell’anima disperata; questa formula risulta vincente in quanto riesce a dare ritmo alla scena e spezza i momenti silenti.
In conclusione, A porte chiuse – l’enfer, c’est les autres è un viaggio verso l’oblio, un vortice claustrofobico che mette sia curiosità che pressione agli spettatori; si tratta di una curiosità divorante, quella che stuzzica chi osserva e solletica la voglia di capire che cosa accadrà.
